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Dal 2035 solo e-fuel ed elettrico, o anche biocarburanti?

e-fuel

Dal 2035 solo carburante e trazione a emissioni zero. Il problema ora è stabilire quali sono i combustibili neutri in termini di Co2.

A marzo 2023, L’Unione Europea ha dato il via libera alle emissioni zero dal 2035 con il voto finale al Consiglio Energia. “La direzione è chiara: nel 2035 auto e furgoni nuovi devono avere zero emissioni” L’unico voto contrario è stato espresso dalla Polonia, mentre l’Italia si è astenuta, insieme a Bulgaria e Romania.

Perché astenuta? Perché i biocarburanti non sono al momento ammessi tra le opzioni di trazione contemplate: ammessi solo elettrico ed e-fuel.

Così l’Italia, produttrice di biocarburanti, ha preso nota del Considerando 11 del nuovo regolamento, che specifica “lo stop per i motori endotermici che non funzionino a combustibili neutri in termini di CO2”, e intende adoperarsi per fare rientrare anche i biocarburanti tra questi combustibili. Prima della verifica intermedia Ue del 2026 verrà dunque aperta una discussione per provare che i biocarburanti sono neutrali dal punto di vista delle emissioni di CO2.

Cosa sono gli e-fuel: l’idrogeno green

Gli e-fuel sono carburanti sintetici risultanti da una combinazione chimica di idrogeno e anidride carbonica. L’idrogeno viene ottenuto per elettrolisi dall’acqua e per farlo serve molta energia elettrica e molta acqua. Perché gli e-fuel siano davvero a zero emissioni di CO2 (idrogeno green) questa elettricità deve arrivare da fonti di energia rinnovabili. Nella seconda fase del processo l’idrogeno viene combinato con la CO2 estratta dall’aria e convertita in un vettore energetico liquido. L’e-fuel, è dunque un metanolo sintetico che con ulteriori processi di raffinazione viene trasformato in e-Benzina, e-Diesel, e-Gas o e-Kerosene a seconda degli utilizzi previsti.

L’idea che sta alla base della neutralità carbonica degli e-Fuel è che per la loro produzione viene prelevata anidride carbonica dall’atmosfera e che durante l’utilizzo nei motori a combustione interna viene emessa la stessa quantità di CO2 legata alla creazione del carburante sintetico.

Vantaggi e criticità degli e-fuel In teoria tutte le auto con motore a scoppio oggi in circolazione potrebbero viaggiare con benzina o gasolio sintetico, ma il problema è che non è ancora disponibile e forse non lo sarà per molto tempo. In tutto il mondo oggi vi sono appena 18 stabilimenti produttivi, impianti sperimentali compresi. Le auto alimentate da e-fuel hanno un impatto ambientale superiore rispetto alle auto elettriche (il 53% in più di CO2) e non contribuiscono alla riduzione delle emissioni tossiche nell’aria. La loro produzione risulta ancora molto costosa (più dell’implementazione della tecnologia elettrica) e tali investimenti potrebbero contribuire a ritardare la transizione verso altre tecnologie a zero emissioni.

D’altra parte, gli e-fuel possono contribuire a sfruttare il potenziale di energia rinnovabile disponibile, possono rendere a emissioni CO2 neutre le auto convenzionali, è facile da stoccare e trasportare e semplice da introdurre sul mercato senza la necessità di nuove infrastrutture.

E i biocarburanti?

I biocarburanti, invece, sono carburanti ottenuti dalla lavorazione di materie prime di origine animale o vegetale, come oli esausti, rifiuti e biomasse. A differenza degli e-fuel, i biocarburanti non sono prodotti sintetici, ma organici. La combustione dei biocarburanti produce meno emissioni inquinanti rispetto alla benzina e al diesel, ma deve essere considerato l’impatto ambientale derivante dalla coltivazione delle biomasse per la loro produzione. Tuttavia, i biocarburanti avanzati, ottenuti da scarti agroalimentari e rifiuti organici, anziché da nuove risorse fossili, sono considerati carbon neutral e rappresentano un esempio di economia circolare.

I biocarburanti possono essere dunque suddivisi in diverse categorie:

1. Etanolo e bioetanolo – il bioetanolo è un biocarburante ottenuto dalla fermentazione di materie prime zuccherine o amilacee, come mais, canna da zucchero o cereali. Il bioetanolo avanzato: è un tipo di etanolo prodotto da biomasse non alimentari, come residui agricoli, paglia o alghe. È considerato un biocarburante di seconda generazione in quanto utilizza materie prime non concorrenti con l’agricoltura alimentare;

2. Biodiesel – è un biocarburante ottenuto dalla transesterificazione di oli vegetali o grassi animali. Può essere miscelato con il diesel tradizionale o utilizzato come sostituto puro. Le materie prime più comuni per la produzione di biodiesel includono l’olio di colza, l’olio di soia e l’olio di palma;

3. Biometano – è un gas ottenuto dalla fermentazione anaerobica di biomasse, come scarti agricoli, rifiuti organici o colture energetiche appositamente coltivate. Può essere utilizzato come combustibile per autoveicoli o come sostituto del gas naturale.

5. Biogas: è un gas prodotto dalla decomposizione anaerobica di rifiuti organici, come scarti alimentari, fanghi di depurazione o letame animale. Può essere utilizzato per la produzione di energia elettrica o termica.

L’utilizzo dei biocarburanti può contribuire alla riduzione delle emissioni di carbonio nel settore dei trasporti, ma è necessario assicurarsi che la loro produzione sia sostenibile e rispetti criteri ESG.

L’Italia e i biocarburanti

A giugno 2023, tre mesi dopo la ratifica dello Stop e delle criticità collegate, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato il tanto atteso nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che prevede il contributo dei biocarburanti come una delle soluzioni per la transizione energetica verso una maggiore sostenibilità.

Il Piano è volto promuovere la transizione energetica e colmare il gap per raggiungere gli obiettivi europei in materia di energia e clima entro il 2030. Un approccio realistico che punta soprattutto sulla crescita delle fonti rinnovabili e sulle soluzioni a basso impatto ambientale come i biocarburanti, il biometano, l’idrogeno blue e green e la CCS (sequestro, trasporto e cattura Co2). Inoltre, il piano mira a valorizzare la trasformazione industriale, i processi circolari, lo sviluppo delle filiere nazionali e a garantire la sicurezza energetica. Infine, il piano sottolinea l’importanza di mantenere centrale il ruolo del gas per tutto il periodo di transizione.

Approccio monosoluzione o approccio olistico?

Non ci sono dubbi. L’approccio monosoluzione, che si concentra esclusivamente sulla mobilità elettrica, è decisamente più rischioso e tecnologicamente immaturo per i settori dei trasporti “hard to abate” (HTA), cioè quelli difficili da decarbonizzare. La mobilità elettrica potrebbe quindi non essere l’unica soluzione per settori che richiedono alternative più sostenibili e basate su tecnologie innovative.

Inoltre, l’approccio monosoluzione non tiene conto della sostenibilità sociale ed economica della transizione verso fonti energetiche più pulite, mettendo a repentaglio gli obiettivi stessi di decarbonizzazione.

L’approccio olistico, basandosi sul principio di neutralità tecnologica, prevede l’adozione di tutte le soluzioni rinnovabili e a basse emissioni di carbonio in modo sinergico e complementare. L’Italia, ad esempio, ha sviluppato tecnologie ed eccellenze per la produzione di biocarburanti e altri combustibili a basse emissioni di carbonio, sta lavorando per potenziare l’impiego del gas nelle sue forme bio e rinnovabili, sia per il trasporto su strada che per quello marittimo, e per decarbonizzare le industrie che non possono utilizzare solo l’energia elettrica.

Questo approccio permette di sfruttare le infrastrutture esistenti e di salvaguardare la competitività delle filiere tecnologiche italiane, contribuendo alla transizione verso un sistema energetico più sostenibile.

Ricordiamo che il settore dell’energia per la mobilità rappresenta uno dei 4 cluster cui è stata dedicata la call per startup di MCE 4×4 2023, che ha portato all’individuazione di 16 startup.

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