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Twin transition: cosa significa e il suo rapporto con la mobilità

twin transition concept

Si chiama twin transition la nuova rivoluzione su cui l’Europa sta puntando tutto. Ma di cosa si tratta esattamente? La “doppia transizione” è la sinergia tra la trasformazione digitale e quella ecologica-ambientale: si tratta in sostanza di una spinta alla modernizzazione dei processi produttivi attraverso lo sviluppo di soluzioni più sostenibili, a basso impatto ambientale ma ad alto impatto di evoluzione sociale.
Alla base di questa visione c’è la convinzione che l’innovazione tecnologica e il digitale hanno un impatto pervasivo, cross-industry, con la capacità di efficientare i processi (sia intra-organizzativi sia inter-organizzativi) attraverso la connessione e integrazione delle filiere produttive e con la creazione di nuovi ecosistemi digitali che abilitano la sostenibilità ambientale.

 

Tra Agenda 2030 e European Green Deal

Prendendo atto dei cambiamenti in corso nel mondo, la twin transition collega i target di digitalizzazione agli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, i cosiddetti SDGs. Questo connubio è anche uno dei pilastri portanti dell’European Green Deal, ovvero il programma europeo che punta a ridurre le emissioni di gas serra almeno del 55% entro il 2030.
La Commissione Europea si è impegnata ad investire almeno 1000 miliardi per conseguire gli obiettivi fissati dal Green Deal europeo. Il 30% del bilancio pluriennale dell’Ue (2021-2028) e dello strumento unico dell’UE NextGenerationEU (NGEU) per la ripresa dalla pandemia di Covid-19 è stato destinato agli investimenti verdi. Bruxelles intende raccogliere il 30% dei fondi nell’ambito di NGEU attraverso l’emissione di obbligazioni verdi.
La Commissione Europea ha richiesto inoltre a tutti i Paesi membri dell’Unione Europea di prevedere all’interno dei singoli Piani Nazionali dei requisiti minimi di spesa per la transizione verde e per la transizione digitale (pari rispettivamente al 37% e 20% dei fondi destinati a ciascun Paese) e di realizzare progetti in aree di intervento segnalate come particolarmente importanti (per esempio, efficienza energetica degli edifici o trasporto sostenibile).
I Paesi, le regioni, i governi locali e le città europee devono inoltre destinare agli investimenti per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal il 30% di quanto ricevuto dal Fondo europeo di sviluppo regionale, così come il 37% del Fondo di coesione contribuirà specificamente al conseguimento della neutralità climatica entro il 2050.
In questo contesto il digitale rappresenta, dunque, un importante fattore critico per consentire un nuovo livello di decarbonizzazione sistemica e per accelerare il passaggio da un utilizzo lineare delle risorse a un modello circolare. Le tecnologie digitali possono giocare un ruolo chiave per il raggiungimento della neutralità climatica, la riduzione dell’inquinamento e il recupero della biodiversità. In particolare, l’utilizzo di piattaforme tecnologiche che agevolano l’utilizzo di dati e l’automazione, permettono un consumo più efficiente delle risorse e una migliore flessibilità dei sistemi e delle infrastrutture di comunicazione. L’uso dell’Intelligenza Artificiale per la misura e la riduzione delle emissioni inquinanti offre diverse opportunità per mitigare il rischio climatico, misurare l’impatto ambientale, aumentare la resilienza verso eventi catastrofici e modelli avanzati previsionali.

 

L’impatto della Twin Transition sui trasporti

La “Sustainable and Smart Mobility Strategy”, adottata dalla Commissione Ue nel dicembre 2020, definisce la digitalizzazione come un fattore essenziale per la trasformazione verso una mobilità più sicura, più efficiente, accessibile e sostenibile. Può svolgere un ruolo importante nel raggiungimento dell’obiettivo di ridurre del 90% le emissioni di gas a effetto serra dal settore dei trasporti entro il 2050.
In questo contesto una sfida cruciale per l’Europa è sbloccare il potenziale dei dati sulla mobilità rendendo più facile l’accesso e la condivisione. La Commissione europea ha dunque adottato una strategia a tutto tondo che si basa su una combinazione di politiche, specifiche e intersettoriali dei trasporti, e di sostegno finanziario.

Ma in che modo la digitalizzazione influisce sulla mobilità? Importanti progressi nelle tecnologie digitali come l’intelligenza artificiale (AI), l’Internet of Things (IoT), il cloud e l’edge computing o le reti 5G stanno guidando la trasformazione digitale del settore della mobilità.
I veicoli autonomi sono in aumento, consentendo nuove soluzioni di trasporto come taxi robotici, camion connessi o sistemi di consegna senza conducente.
I nuovi servizi di mobilità abilitati dalle piattaforme digitali stanno cambiando il modo in cui ci muoviamo, dalla mobilità condivisa (come il ride hailing e il bike sharing) alla Mobility as a Service, che dà accesso a più modalità di trasporto su un’unica applicazione. Il trasporto merci si basa maggiormente su una maggiore sincronizzazione tra le modalità.
I dati generati e scambiati dai veicoli stanno esplodendo. I veicoli autonomi potrebbero produrre circa 4 terabyte di dati al giorno (Intel). I veicoli sono sempre più connessi al loro ambiente fisico e digitale.
Nuove abitudini e comportamenti causati dalla digitalizzazione, come il rapido sviluppo del commercio elettronico, del lavoro a distanza, stanno trasformando i modelli di mobilità.

Quali sono i vantaggi e le sfide che ci attendono?

La mobilità connessa e automatizzata (CAM) può rendere le strade, le ferrovie e i corsi d’acqua più sicuri. Ottimizzando l’uso di veicoli e infrastrutture, può migliorare l’efficienza, ridurre la congestione e contribuire a ridurre le emissioni di gas. Cam può anche creare opportunità di business e aumentare la competitività, e rendere i trasporti più accessibili agli anziani o alle persone con disabilità, trasformando i viaggi negli anni a venire.
Uno dei paradigmi chiave per la mobilità sostenibile è certamente il MaaS (Mobility as a service) che consente viaggi multimodali senza soluzione di continuità e facilitando l’accesso a alternative più ecologiche, può aiutare a decarbonizzare il trasporto. Sfruttando la complementarità tra i diversi modi di trasporto consentirebbe un uso più efficiente delle risorse e risparmierebbe tempo e costi per i passeggeri e i trasportatori.
Inoltre, la messa in comune e lo scambio di dati sulla mobilità possono migliorare la sincronizzazione tra i diversi modi di trasporto e le diverse infrastrutture. L’accesso a grandi pool di dati alimenterebbe lo sviluppo di applicazioni basate sull’AI. Un migliore accesso ai dati sulla mobilità aiuterà le autorità pubbliche a monitorare le attività di trasporto e il loro impatto e a pianificare le infrastrutture e i servizi di trasporto. L’accesso ai dati sulla mobilità può creare nuove fonti di valore: i dati dei sensori auto, ad esempio, possono essere di grande valore per le compagnie di assicurazione, navigazione o manutenzione stradale.
Un ruolo importante per sostenere la transizione verso una mobilità a emissioni zero lo gioca l’intelligenza artificiale. L’AI può migliorare l’efficienza energetica dei veicoli elettrici o a idrogeno e ottimizzare la diffusione delle infrastrutture di ricarica. La ricarica bidirezionale dei veicoli elettrici potrebbe fornire flessibilità alla rete, consentendo di ottimizzare l’utilizzo e la produzione di energia, integrando al contempo le energie rinnovabili. Tale accoppiamento settoriale richiede abilitatori digitali e condivisione dei dati in tempo reale.

La strategia italiana per una mobilità smart

La Missione 2 del Pnrr è la più ricca dell’intero piano in termini di finanziamenti: 59,47 miliardi dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza (un terzo dell’importo complessivo), 9,16 miliardi dal Fondo complementare e 1,31 miliardi dal React EU.
Come si legge nella presentazione del Pnrr, questi fondi servono ad avviare una «progressiva e completa decarbonizzazione (Net-Zero)» e di «rafforzare l’adozione di soluzioni di economia circolare», per «proteggere la natura e le biodiversità e garantire un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente».
La missione prevede tre obiettivi generali: realizzare un sistema infrastrutturale di mobilità moderno, digitalizzato e sostenibile dal punto di vista ambientale; introdurre sistemi digitali di monitoraggio da remoto per la sicurezza delle arterie stradali e conseguenti urgenti opere per la messa in sicurezza di arterie stradali, ponti e viadotti ammalorati; investire per un sistema portuale competitivo e sostenibile dal punto di vista ambientale per sviluppare i traffici collegati alle grandi linee di comunicazione europee e valorizzare il ruolo dei Porti del Sud Italia nei trasporti infra-mediterranei e per il turismo. Ad agevolarci sul percorso di raggiungimento di questi obiettivi ci sarà di supporto il quadro di riforme procedurali approvato lo scorso settembre con il Dl Semplificazioni.
La previsione di spesa è di 31,98 miliardi di euro: 28,3 miliardi per l’alta velocità ferroviaria e manutenzione stradale e, i restanti, per l’intermodalità e la logistica integrata. A queste somme si aggiungono le risorse della programmazione di bilancio per il 2021-2026, pari a 1,16 miliardi di euro.
Ma cosa prevede, dunque, il Pnrr? Innanzitutto, la velocizzazione delle principali linee ferroviarie passeggeri e incremento della capacità dei trasporti ferroviari merci lungo gli assi prioritari del Paese Nord-Sud ed Est-Ovest. Estendiamo, poi, l’alta velocità ferroviaria nel Sud Italia.
Sono previste per la messa in sicurezza e il monitoraggio digitale di strade, viadotti e ponti nuove risorse pari a 1,6 miliardi di euro di cui 1,15 miliardi per l’A24 e A25 e 0,45 miliardi di euro per il sistema di monitoraggio dinamico delle reti per controlli da remoto sulle opere d’arte (ponti, viadotti, cavalcavia e gallerie) e per l’attuazione di interventi e digitalizzazione delle infrastrutture stradali. Opere prontamente cantierabili su cui verrà inserito un sistema di sensoristica avanzata e di gestione di informazioni digitali per rafforzarne resilienza e sicurezza.
Per quanto riguarda l’intermodalità e la logistica si intende sviluppare un sistema portuale competitivo, collegato alle grandi linee di comunicazione europea: dal completamento dei valichi alpini (Gottardo e Brennero) e dei collegamenti TEN-T con i porti di Genova e Trieste nonché interventi infrastrutturali e di logistica per una valorizzazione del ruolo dei porti del Sud Italia nei trasporti infra-mediterranei e per il turismo. Gli obiettivi sono il potenziamento della competitività del sistema portuale italiano con la realizzazione dei collegamenti di ultimo miglio dei porti; la sostenibilità ambientale e l’efficientamento energetico dei porti; la digitalizzazione della catena logistica e degli aeroporti; la riduzione delle emissioni connesse all’attività di movimentazione merci.

A che punto siamo con la realizzazione del PNRR?

In generale, difficile a dirsi in questo momento: per la fine di giugno, il governo dovrà consegnare alla speciale Commissione di Bruxelles la relazione su quanto fatto sui 16 obiettivi della quarta rata (primo semestre 2023) da cui dipende l’assegno da 27 miliardi, ma ancora non si sa nulla dei 19 miliardi della terza rata che prevedeva il raggiungimento di 55 obiettivi (riguardanti soprattutto cybersicurezza, energie rinnovabili, reti, ferrovie, ricerca, turismo) che, secondo il Ministro Fitto, sono stati raggiunti. La relazione giunta in Parlamento, in realtà, evidenzia che il 22% degli obiettivi da realizzare entro giugno ha almeno elementi di sofferenza. Il Governo, ha anche sottolineato gli ostacoli che impediscono la realizzazione del programma: da un lato ci sono circostanze oggettive (aumento dell’inflazione, carenza dei materiali, difficoltà delle imprese di costruzione a rispondere alla domanda); dall’altra, ci sono i noti impedimenti burocratici, che spaziano dalle difficoltà normative, amministrative e gestionali ai veri e propri errori nella gestione e nella rendicontazione dei piani e dei progetti.
Tra le realizzazioni in affanno ci sono proprio diversi progetti afferenti il settore della mobilità: lo sviluppo di metropolitane, tram e autobus, le ferrovie regionali, le connessioni diagonali ossia l’Alta capacità ferroviaria dall’Adriatico al Tirreno, l’elettrificazione delle ferrovie del Sud, il trasporto stradale che per il 30 giugno prevedeva la realizzazione di 40 colonnine di rifornimento ad idrogeno verde (fermo a 35 domande). La stessa realizzazione di colonnine per i veicoli elettrici, ricordiamo che l’intero PNRR prevede di installare 21.000 infrastrutture di ricarica in tutta la Penisola con investimenti per 713 milioni di euro, è fortemente a rischio.
L’associazione Motus-E, che riunisce l’industria del settore, già a maggio aveva lanciato l’allarme: l’Italia rischia di non poter sfruttare i fondi PNRR destinati alla rete di ricarica per le auto elettriche, proprio per le questioni burocratiche di cui si parlava prima.
La scadenza del 30 giugno è quindi molto attesa: come aveva detto il Ministro Gilberto Pichetto Fratin in tempi non sospetti ‘serve, ancor più oggi, uno sforzo comune, nella direzione di una nuova mobilità’.